Farmaci umani a uso animale: cosa sta succedendo?

Farmaci umani a uso animale: cosa sta succedendo?

Quante volte ci siamo stupiti dei costi elevati dei farmaci per i nostri compagni a 4 zampe? Alcuni mesi fa un decreto del Ministero della Salute sembrava aver risolto in parte questo problema, ma un ricorso al TAR delle industrie farmaceutiche veterinarie – respinto – e le notizie che giungono dalla Federazione Nazionale Ordini Veterinari Italiani fanno presagire che il percorso per una maggiore accessibilità alle cure per gli animali d’affezione sarà ancora lungo.

Prima di tutto serve una premessa: i farmaci veterinari non sempre sono autorizzati per l’uso in tutte le specie. Ad esempio, è possibile che un antibiotico approvato per la somministrazione nel cane non abbia ricevuto l’autorizzazione dal Ministero per poterlo dare a un gatto. Infatti, affinché un farmaco sia licenziato, devono essere svolti studi di sicurezza ed efficacia in una data specie, considerata la diversa sensibilità. Ovviamente, in questo discorso è incluso l’uomo.

Il decreto legislativo 193 del 2006

Prima del decreto del Ministero della Salute del 14 aprile 2021, Uso in deroga di medicinali per uso umano per animali non destinati alla produzione di alimenti (Gazzetta Ufficiale ), l’utilizzo di farmaci umani per gli animali era normato dal decreto legislativo 193 del 2006. Nell’articolo 10, “Uso in deroga per animali non destinati alla produzione di alimenti”, al comma 1, si legge che:

“Ove non esistano medicinali veterinari autorizzati per curare una determinata affezione di specie animale non destinate alla produzione di alimenti, il veterinario responsabile può, in via eccezionale, sotto la sua diretta responsabilità ed al fine di evitare all'animale evidenti stati di sofferenza, trattare l'animale interessato:

a) con un medicinale veterinario autorizzato in Italia per l'uso su un'altra specie animale o per un'altra affezione della stessa specie animale;

b) in mancanza di un medicinale di cui alla lettera a):

  1) con un medicinale autorizzato per l'uso umano. In tal caso il medicinale può essere autorizzato solo dietro prescrizione medico veterinaria non ripetibile;

  2) con un medicinale veterinario autorizzato in un altro Stato membro dell'Unione europea conformemente a misure nazionali specifiche, per l'uso nella stessa specie o in altra specie per l'affezione in questione, o per un'altra affezione;

c) in mancanza dei medicinali di cui alla lettera b), con un medicinale veterinario preparato estemporaneamente da un farmacista in farmacia a tale fine, conformemente alle indicazioni contenute in una prescrizione veterinaria”.

Per capire meglio, immaginiamo che al nostro cane servisse un farmaco che però aveva ricevuto solo l’autorizzazione per essere somministrato nel gatto. In questo caso il veterinario aveva la facoltà di prescriverlo. Se invece lo stesso farmaco non aveva avuto la licenza per essere somministrato a nessun animale, allora il veterinario poteva decidere di prescrivere quello a uso umano.

C’era quindi un ordine di priorità:

  1) Farmaco autorizzato per una certa specie;
  2) In mancanza, un farmaco autorizzato per un’altra specie;
  3) In mancanza, un farmaco autorizzato per l’uso nell’uomo.

Il decreto del Ministero della Salute 14 aprile 2021: cosa cambia?

Il decreto del Ministero della Salute del 14 aprile 2021 fa riferimento al precedente decreto legislativo 193 del 2006, che a sua volta è legato alla direttiva 2001/83/CE e al regolamento (CE) n.726/2004, ma nell’articolo 3 inserisce il fattore prezzo:

“In attuazione dell'art. 10-bis del decreto legislativo 6 aprile 2006, n. 193, il medicinale per uso umano potrà essere prescritto sulla base della miglior convenienza economica dell'acquirente per il trattamento dell'animale in cura e di cui l'acquirente sia proprietario o detentore, e comunque soltanto a condizione che tale medicinale contenga il medesimo principio attivo del medicinale veterinario indicato per il trattamento dell'animale in cura”.

Questo vuol dire che l’ordine di priorità cambia. Tornando al nostro cane, se il farmaco che si deve somministrare è autorizzato per il cane, allora bisognerà usare necessariamente quello, esattamente come prevedeva anche il d.lgs 193/2006. Se però questo non dovesse esistere, allora si potrà usare direttamente anche quello licenziato per l’uso nell’uomo, se costa meno di quello autorizzato per un’altra specie. Non dimentichiamo che si parla di utilizzo in deroga, che implica una certa eccezionalità.

Qual è il vantaggio? Chi condivide le proprie giornate con un animale d’affezione lo sa: i medicinali veterinari, a parità di principio attivo, costano molto di più di quelli a uso umano e questo decreto sembrava la salvezza non solo per i proprietari di pet, ma anche per i canili e le associazioni che si occupano di animali abbondonati e bisognosi di cure.

Prima di parlare del possibile futuro di questa legge, però, cerchiamo di capire il motivo della disparità di prezzo tra farmaci umani e animali.

Perché i farmaci per animali hanno un costo così elevato?

Uno dei principali motivi per cui i farmaci per animali costano molto di più di quelli umani è che, per quest’ultimi, esiste un'attività di contrattazione tra le case farmaceutiche e il Ministero della Salute, legata anche alla rimborsabilità da parte del Servizio Sanitario Nazionale. Questo iter non esiste per gli animali. Un altro fattore in gioco è la presenza di molti più farmaci con lo stesso principio attivo per gli umani, rispetto a quelli animali: la competizione sul mercato contribuisce ad abbassare il prezzo.
C’è chi parla, inoltre, di differenze legate all'autorizzazione all'immissione in commercio, alle ricerche effettuate per ciascuna specie, con il proprio metabolismo, quindi con meccanismi ed effetti biochimici e fisiologici differenti. Questo è vero ma esistono appositi testi che indicano il dosaggio di uno stesso principio attivo per diversi animali, delle specie di tavole di conversione che permettono ai veterinari di dirci le quantità da somministrare al nostro pet, anche se quel farmaco non è stato confezionato appositamente per lui.
Attenzione però: la prassi vuole che un principio attivo, prima di avere la licenza di essere somministrato in una certa specie, debba essere testato in maniera approfondita. Per questo motivo molto spesso esistono i dosaggi, ma non studi più estesi.

Infine, un’altra obiezione riguarda esclusivamente gli animali da reddito ed è connessa ai costi degli studi per calcolare il tempo di sospensione, cioè il tempo che trascorre tra l’ultima somministrazione del farmaco e l’uso alimentare dei prodotti di origine animale, per evitare che residui del medicinale passino nella carne, nel latte e nelle uova. Ma, appunto, in questo caso stiamo parlando di animali d’affezione e non di allevamento: come dice il titolo stesso del decreto “non destinati alla produzione di alimenti”.

Il ricorso al TAR e il futuro regolamento europeo sui medicinali veterinari

Il decreto del 14 aprile 2021 non è stato quindi accolto con entusiasmo né dai veterinari né tantomeno dall’industria farmaceutica. La FNOVI- Federazione Nazionale Ordini Veterinari Italiani ha diffuso un comunicato stampa in cui afferma di non aver avuto accesso alla bozza del documento e di non essere stato coinvolto nella sua elaborazione, sottolineandone parti conflittuali. D’altra parte, l’AISA (l’Associazione nazionale imprese salute animale) ha visto il suo ricorso al TAR, in cui definiva il decreto “confuso, contraddittorio e illogico”, respinto. In realtà su questa legge è sospesa una spada di Damocle molto più minacciosa: dal 28 gennaio 2022 entrerà in vigore un nuovo regolamento europeo sui medicinali veterinari, che disciplinerà anche l’uso in deroga del farmaco, mantenendo inalterato l’impianto a oggi esistente, quello del decreto legislativo 193 del 2006, e di fatto non considerando la convenienza economica come fattore determinante nella vendita del farmaco umano in sostituzione di quello animale. Il decreto Speranza quindi avrà durata breve, prima di essere abrogato dal nuovo regolamento europeo. Riusciremo a rendere più accessibili, in maniera definitiva, le cure per i nostri compagni di vita? La risposta a questa domanda sembra ancora lontana.


Credits immagine: foto di Steve Buissinne da Pixabay